Nato nel 1469 a Firenze da una famiglia di modeste condizioni, Machiavelli venne avviato a studi di tipo storico, giuridico e filosofico: le sue prime opere furono in versi. A partire dal 1498, Machiavelli diventò funzionario della Repubblica fiorentina, guidata da Pier Soderini, che lo nominò segretario agli affari interni. I viaggi, le missioni, le trattative in un periodo di scontri e alleanze misero Machiavelli a contatto diretto con la realtà del potere, spingendolo a riflettere sulla struttura dello Stato con realismo e spirito di analisi. Sua fu l’idea della leva militare cittadina, basata cioè sull’arruolamento diretto dei fiorentini (e non di mercenari stranieri) nella guerra contro Pisa.
Machiavelli fu inviato in Francia in quattro distinte missioni, dal 1500 al 1511. Nel Ritracto di cose di Francia, una delle opere più importanti scritte a ricordo delle esperienze di quegli anni, egli descrive un modello di stato esemplare, in cui vige una salda autorità centrale che si impone sul particolarismo dei feudatari senza però gravare sui piccoli proprietari terrieri.
La Francia, per la grandezza sua et per la commodità delle grande fiumane è grassa et opulenta, dove et le grasce1 et l’opere manuale vagliono poco o niente per lla carestia de’ danari che sono ne’ popoli; e’ quali a pena ne possono ragunare tanti che paghino al signore loro i datii, ancora che sieno piccolissimi2. Et nasce e perché non hanno dove finire3 le grasce loro: perché ogni uomo ne ricoglie da vendere. […] Et li gentili uomini, de’ danari che traggono da’ sudditi, dal vestire in fuori, non spendono niente; perché da per loro hanno bestiame assai da mangiare, pollaggi4 infiniti, laghi et luoghi pieni di venagione5 d’ogni sorte: et così universalmente ha ciascuno uomo per le terre; in modo che tutto il danaio perviene nelli signori, il quale oggi in loro è grande; et però come quegli populi hanno un fiorino li pare essere ricchi (Ritracto di cose di Francia, in N. Machiavelli, Istorie Fiorentine e altre opere storiche e politiche, a cura di A. Montevecchi, UTET, Torino 2007).
1. grasce: generi alimentiari.
2. e’ quali … piccolissimi: i quali [popoli] a malapena riescono a raccogliere il denaro sufficiente a pagare le tasse al loro signore, sebbene poco oneroso.
3. finire: smaltire.
4. pollaggi: pollame.
5. venagione: cacciagione.
Machiavelli restò molto colpito dalla sua figura di politico audace e spregiudicato, che aspirava a costruirsi un vasto Stato nell’Italia centrale, sino a dominare la stessa Toscana. Nel Principe proprio la figura del duca Valentino viene assunta come esempio della «virtù» che deve possedere un principe nuovo, che voglia costruire una forte compagine statale, capace di opporsi alla crisi che stava travolgendo l’Italia.
Questo signore è molto splendido et magnifico; et nelle armi è tanto animoso1 che non è sì gran cosa che non li paia piccola; et per gloria e per adquistare stato mai si riposa né conoscie faticha o periculo. Giugne prima in un luogo che se ne possa intendere la partita donde si lieva; fassi benevolere a' suoi soldati; ha cappati2 e' migliori uomini d'Italia: le quali cose lo fanno victorioso et formidabile, adgiunto con una perpetua fortuna (Lettera da Urbino, 26 giugno 1502, in N. Machiavelli, Legazioni, Commissarie, Scritti di governo, a cura di F. Chiappelli, Laterza, Bari 1973).
1. animoso: coraggioso.
2. ha cappati: ha scelto.
Machiavelli è inviato a Roma il 24 ottobre 1504 per il conclave, chiuso il 1° novembre, che decreta l’elezione al soglio pontificio di Giuliano Della Rovere (1443-1513) con il nome di Giulio II. Osservatore cauto e attento degli eventi politici, nel Principe accuserà il Valentino di aver commesso il più grave errore della sua vita politica, «cagione dell’ultima ruina sua», consentendo l’elezione a pontefice di un suo mortale nemico.
Questo pontefice è stato creato con uno favore grandissimo. [...] Dicesi [...] la cagione di questi favori essere stata, che egli ha promesso ciò che gli è suto domandato; e però si pensa che allo osservare fia1 la difficultà. Al duca Valentino, del quale e' si è valuto più che di alcun altro, si dice che gli ha promesso reintegrarlo in tutto lo stato di Romagna. [...] Altri dicono che [il Valentino] non è per partirsi da Roma, ma per aspettare la incoronazione del Papa, per essere fatto da lui gonfaloniere di Santa Chiesa, secondo le promesse, e con questa reputazione riavere lo stato suo. [...] Io non vi posso dire altro delle cose sue, né determinarmi ad un fine certo: bisogna aspettare il tempo, che è el padre della verità (Prima legazione alla corte di Roma, XVIII, in N. Machiavelli, Tutte le opere, a cura di M. Martelli, Sansoni, Firenze 1993).
1. fia: sarà.
Intorno alla metà di agosto del 1512, le forze militari spagnole alleate di Giulio II, al seguito del cardinale Giovanni de' Medici che è a capo della famiglia, entrano in Toscana. L’esercito fiorentino è annientato e Prato viene selvaggiamente saccheggiata (29 agosto). Il 31 il gonfaloniere Pier Soderini è costretto a fuggire da Firenze. I Medici tornano così al potere il 16 settembre.
Il campo spagnolo s’era presentato ad Prato, et datovi uno grande assalto. [...] Li Spagnuoli, […] occupata la terra, la saccheggiorno, et ammazorno li huomini di quella con miserabile spettacolo di calamità. [...] Vi morieno meglio che quattromila huomini, et li altri rimasono presi et con diversi modi costretti a riscattarsi; né perdonarono a vergini rinchiuse ne’ luoghi sacri, i quali si riempierono tutti di stupri et di sacrilegi. Questa novella diede gran perturbazione alla città. [...]. Crebbe tanto il timore di ciascuno, che il palazzo et le guardie consuete che si facieno dalli huomini di quello stato, le abbandonarono, et rimaste nude di guardia, fu costretta la Signoria a relassare molti cittadini, i quali […] il martedì mattina venneno armati a palazzo, et occupati tutti i luoghi per sforzare il gonfaloniere a partire, furno da qualche cittadino persuasi a non fare alcuna violenzia, ma a lasciarlo partire d’accordo. E così il gonfaloniere accompagnato da loro medeximi se ne tornò a casa (Lettera a una gentildonna, Firenze, dopo il 16 dicembre 1512, in N. Machiavelli, Tutte le opere, a cura di M. Martelli, Sansoni, Firenze 1993).
Nel 1512 a Firenze tornarono al potere i Medici e, nonostante i suoi appelli a continuare a collaborare con i sostenitori di Soderini, Machiavelli fu destituito, arrestato e torturato per il suo presunto coinvolgimento in una congiura antimedicea. Confinato fuori Firenze in un piccolo podere, Machiavelli intrattenne una fitta corrispondenza con l’amico Francesco Vettori, ambasciatore fiorentino a Roma, proponendosi per incarichi anche minimi, ma senza successo. Al 1513-1514 risale la composizione del Principe, poi dedicato al giovane Lorenzo de’ Medici nella speranza, anch’essa vana, di ottenerne la protezione. Dal 1515 Machiavelli iniziò a frequentare alcuni giovani aristocratici con ideali repubblicani, che si riunivano nei giardini di palazzo Rucellai (gli “Orti Oricellari”): da qui nacquero i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio. Per il carnevale del 1518 (ma la data non è sicura) scrisse invece la commedia Mandragola, di immediato successo sia a Firenze sia a Roma.
Io sono uscito di prigione con la letizia universale di questa città. […] Né vi replicherò la lunga istoria di questa mia disgrazia; ma vi dirò solo che la sorte ha fatto ogni cosa per farmi questa ingiuria: pure, grazia di Iddio, ella è passata. Spero non incorrere più, sì perché sarò più cauto, sì perché i tempi saranno più liberali, e non tanto sospettosi (Lettera a Francesco Vettori, Firenze, 13 marzo 1513, in N. Machiavelli, Opere, a cura di F. Gaeta, UTET, Torino 1984).
Io sono diventato inutile a me, a’ parenti et alli amici, perché ha voluto così la mia dolorosa sorte. E non ho, o, a dire meglio, non mi è rimasto altro di buono se non la sanità a me et a tutti e mia. Vo temporeggiando per essere a tempo e potere pigliare la buona fortuna, quando la venissi, e, quando la non venga, avere pazienza (Lettera a Giovanni Vernacci, Firenze, 15 febbraio 1516, in N. Machiavelli, Opere, a cura di F. Gaeta, UTET, Torino 1984).
Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto1, e mi metto panni reali e curiali2; e rivestito condecentemente3, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco4 di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro umanità5 mi rispondono; e non sento per 4 ore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro (Lettera a Francesco Vettori, Firenze, 10 dicembre 1513, in N. Machiavelli, Opere, a cura di F. Gaeta, UTET, Torino 1984).
1. loto: fango, latinismo.
2. curiali: adatti alle corti.
3. condecentemente: decorosamente.
4. mi pasco: mi nutro.
5. umanità: cortesia.
[Ho] composto uno opuscolo De principatibus; dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto1, disputando che cosa è principato, di quale spezie sono, come e' si acquistono, come e' si mantengono, perché e' si perdono. E se vi piacque mai alcuno mio ghiribizzo2, questo non vi doverrebbe dispiacere; e a un principe, e massime3 a un principe nuovo, doverrebbe essere accetto: però io lo indirizzo alla Magnificenza di Giuliano4 (Lettera a Francesco Vettori, Firenze, 10 dicembre 1513, in N. Machiavelli, Opere, a cura di F. Gaeta, UTET, Torino 1984).
1. cogitazioni di questo subietto: riflessioni su questo soggetto.
2. ghiribizzo: bizzarria.
3. massime: soprattutto.
4. Giuliano: Giuliano de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, governò Firenze dopo il ritorno dei Medici nel 1512.
Alla morte di Lorenzo de’ Medici, il cardinale Giulio affidò a Machiavelli alcune missioni di carattere finanziario e l’incarico di redigere una storia della città di Firenze. Diventato papa Clemente VII, Giulio revocò l’interdizione alle cariche pubbliche, il che consentì a Machiavelli di essere eletto cancelliere dei Procuratori alle mura (ovvero di provvedere alla difesa di Firenze). Tuttavia, nel 1527 il sacco di Roma ebbe come conseguenza una seconda cacciata dei Medici da Firenze e l’instaurazione di un nuovo regime repubblicano, che non perdonò a Machiavelli la sua recente collaborazione con un papa di quella famiglia. In quello stesso anno, Machiavelli morì improvvisamente e fu sepolto nella basilica di Santa Croce.
Ho atteso et attendo in villa a scrivere la historia1, et pagherei dieci soldi, non voglio dir più, che voi fosse in lato2 che io vi potessi mostrare dove io sono, perché, avendo a venire a certi particulari, harei bisogno di intendere da voi se offendo troppo o con lo esaltare o con lo abbassare le cose; pure io mi verrò consigliando, et ingegnerommi di fare in modo che, dicendo il vero, nessuno si possa dolere (Lettera a Francesco Guicciardini, S. Andrea in Percussina, 30 agosto 1524, in N. Machiavelli, Opere, a cura di F. Gaeta, UTET, Torino 1984).
1. historia: le Istorie fiorentine.
2. che voi fosse in lato: affinché voi foste al mio fianco.
Nell'immagine: Cristofano dell'Altissimo, Ritratto di Francesco Guicciardini, Firenze, Galleria degli Uffizi, Collezione Gioviana.
Il 6 maggio 1527, 15.000 uomini saccheggiano e devastano la città di Roma. Questa la testimonianza di Guicciardini.
Sarebbe impossibile non solo narrare ma quasi immaginarsi le calamità di quella città, destinata per ordine de' cieli a somma grandezza […]. Morirono, tra nella battaglia e nello impeto del sacco, circa quattromila uomini. Furono saccheggiati i palazzi di tutti i cardinali […]. Sentivansi i gridi e urla miserabili delle donne romane e delle monache, condotte a torme da' soldati per saziare la loro libidine: non potendo se non dirsi essere oscuri a' mortali i giudizi di Dio, che comportasse1 che la castità famosa delle donne romane cadesse per forza in tanta bruttezza e miseria. Udivansi per tutto infiniti lamenti di quegli che erano miserabilmente tormentati […]. Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de' santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de' loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi (F. Guicciardini, Storia d’Italia, a cura di S. Seidel Menchi, Einaudi, Torino 1971).
1. comportasse: tollerasse.
Le sue ultime ore ci sono raccontate dal figlio Pietro in una lettera inviata a Francesco Nelli:
Carissimo Francescho. Non posso far di meno di piangere in dovervi dire chome è morto il dì 22 di questo mese Nicholò nostro padre di dolori di ventre, cagionati da uno medicamento preso il dì 20. Lasciossi confessare le sue peccata da frate Mateo, che gl'a' tenuto compagnia fino alla morte. Il padre nostro ci a' lasciato in somma povertà, come sapete (Epistolario, Firenze, 22 giugno 1527, in Opere di Niccolò Machiavelli, V, a cura di S. Bertelli, Edizioni Sedd, Milano, Edizioni Valdonega, Verona 1969).
In occasione delle celebrazioni in onore di Machiavelli patrocinate dall’Accademia fiorentina negli ultimi decenni del Settecento, volute anche a seguito del ritrovamento della sua tomba nella chiesa di Santa Croce, il letterato Giovan Battista Baldelli pronunciò a Firenze, il 7 agosto 1794, un discorso commemorativo carico di sentita commozione:
Ai tempi nostri ottenne il Segretario compiuta e segnalata giustizia; imperocché1 fra i suoi concittadini sorsero valorosi difensori, i quali lo renderono alla patria, che, sbigottita dai clamorosi romori dei suoi avversarj, non ardiva di riconoscerlo, come una madre, che vedendo minacciato il figlio, guardasi di nominarlo, temendo di riaccendere contro di lui l’odio e le ricerche dei suoi nemici. […] Il forestiero ammiratore dei preziosi monumenti, che in sé racchiude questa Capitale dell’Attica moderna2, cercava indarno3 nel tempio augusto4, ove sono le memorie del grato omaggio prestato alle ceneri di altri illustri concittadini, […] quello del chiaro ingegno che insegnò l’arte di regolare gli stati, e di rendere felici gli uomini con buone leggi […]. Languivano le ceneri del Machiavelli in oscuro ignoto sepolcro, ed essi gli procurarono un decoroso monumento, cancellando quella macchia d’ingratitudine, che Firenze avea contratta verso quell’illustre suo figlio (G. B. Baldelli, Elogio di Niccolò Machiavelli, in Opere di Niccolò Machiavelli, cittadino e segretario fiorentino, I, a cura di G. B. Baldelli, Società Tipografica de’ Classici Italiani, Milano 1804).
1. imperocché: per il fatto che.
2. questa Capitale … moderna: Firenze, paragonata per sapienza e glorie artistiche all’antica Atene, capitale della regione dell’Attica.
3. indarno: inutilmente.
4. tempio augusto: la Basilica di Santa Croce, considerata, con appellativo classico un tempio degno di venerazione.
Con la morte di Lorenzo il Magnifico s’incrinò definitivamente l’equilibrio politico che il signore fiorentino, grande diplomatico, aveva saputo costruire tra gli stati italiani. Nello stesso anno, che segna convenzionalmente l’ingresso nell’età moderna, Cristoforo Colombo approdò nelle Americhe scoprendo un nuovo continente: i confini del mondo conosciuto si dilatarono, mutando per sempre i paradigmi concettuali del pensiero umano e determinando la scomparsa della cultura e della società medievale.
Nell’ambito del processo di consolidamento del potere francese sul continente europeo, nel settembre 1494 Carlo VIII iniziò la sua discesa in Italia, riuscendo ad attraversarla in pochi mesi. Piero de’ Medici non oppose al suo passaggio alcuna resistenza (determinando la rivolta che a Firenze instaurò la Repubblica) e nel febbraio 1495 il sovrano francese occupò Napoli. L’impresa di Carlo VIII mise in luce tutta la debolezza degli stati italiani, mostrando quanto la loro conquista potesse essere facile.
Nel 1498 Girolamo Savonarola, che per due anni aveva retto la Repubblica di Firenze auspicando un rinnovamento radicale della politica del comune, venne travolto dalla reazione degli “Arrabbiati” (appartenenti alle famiglie aristocratiche) e dei cosiddetti “Pallanti” (sostenitori dei Medici, nel cui stemma comparivano sei palle in campo d’oro).
Il partito mediceo, spaventato per la connotazione sempre più “popolare” del governo di Savonarola, ottenne il suo arresto e l’istituzione di un processo per eresia che si concluse con una sentenza di colpevolezza e la condanna al rogo.
I progetti di conquista francesi si riaccesero per iniziativa del re Luigi XII che preparò accuratamente, sul piano delle alleanze e delle intese diplomatiche, la sua spedizione in Italia. Rivendicando i propri diritti sul Ducato di Milano (era infatti imparentato con i Visconti), il sovrano francese nel 1500 conquistò la Lombardia e fece prigioniero Ludovico il Moro, signore della città, il quale morì in Francia nel 1518.
Il Regno di Napoli, insieme al Ducato di Milano, fu la grande area di scontro sulla quale le potenze straniere – in questo caso Francia e Spagna – si alternarono per il controllo della penisola. La vittoria degli spagnoli sui francesi fu dettata dall’abdicazione del re di Napoli Federico I d’Aragona in favore del re di Francia Luigi XII, una decisione che la Spagna non poteva accettare supinamente. Si aprì dunque un conflitto che si risolse nel 1504 con l’occupazione spagnola del Regno, durata fino ai primi del Settecento.
Nel 1512, dopo la lunga reggenza del gonfaloniere Pier Soderini, i magnati fiorentini riuscirono a far rientrare i Medici a Firenze trasformando la Repubblica in un principato. L’operazione fu possibile grazie all’aiuto di papa Giulio II alla cui corte il partito mediceo – guidato dal cardinale Giovanni de’ Medici, Legato pontificio e poi successore di Giulio II come papa Leone X – era molto potente. Il papa terrorizzò i fiorentini con l’aiuto dell’esercito spagnolo della Lega Santa, che devastò la vicina città di Prato aprendo così la strada alla caduta della Repubblica.
La ribellione di Martin Lutero al cattolicesimo romano segnò un punto di non ritorno nella storia della Chiesa: tramontava per sempre l’universalismo cristiano medievale e si apriva una nuova fase nella quale avrebbero convissuto, tutt’altro che pacificamente, più confessioni. Le 95 Tesi di Lutero posero le basi dottrinali della teologia “protestante”, nome che deriva, per l’appunto, dalla protesta posta in atto da Lutero e, dopo di lui, da altri illustri predicatori.
L’elezione di Carlo d’Asburgo al soglio imperiale fu tutt’altro che semplice: il sovrano, che avrebbe concentrato nelle sue mani “l’impero sul quale non tramonta mai il sole” (ossia i territori asburgici del centro Europa e il Regno di Spagna con le sue colonie americane), pagò lautamente i voti dei prìncipi elettori, grazie all’aiuto dei più grandi banchieri tedeschi. Carlo V regnò molto a lungo, abdicando nel 1555 in favore del fratello Ferdinando I (cui andarono i territori imperiali) e del figlio Filippo II (che ereditò il Regno di Spagna e le colonie extraeuropee).
Il sacco di Roma fu l’assedio che per otto mesi i soldati lanzichenecchi posero alla Città Eterna nell’ambito del decennale conflitto fra l’imperatore Carlo V e il re di Francia Francesco I. Dopo l’adesione di papa Clemente VIII alla Lega di Cognac (alleanza volta a contrastare l’eccessivo potere che l’imperatore stava acquisendo) Carlo V organizzò un esercito di soldati mercenari che scesero in Italia per spaventare i signori coalizzatisi contro di lui. L’iniziativa di devastare Roma fu presa dagli stessi soldati (luterani convinti), ma per lungo tempo il cattolicissimo imperatore non intervenne, punendo il tradimento del papa che egli aveva convintamente e generosamente sostenuto nella lotta contro Martin Lutero.
- breve trattato politico rivolto al giovane Lorenzo II de’ Medici
- argomento: come deve comportarsi un capo di Stato insediatosi grazie al sostegno altrui
- esempi dalla storia antica e recente (Cesare Borgia)
- dialettica tra virtù e fortuna, e tra legge e forza
- esortazione finale a Lorenzo perché liberi l’Italia dalle influenze straniere
- stile: procedimento dilemmatico, similitudini, lessico vario
- commento all’opera dello storico latino Tito Livio
- analisi del processo di fondazione delle repubbliche alla luce della storia di Roma
- commedia in prosa in cinque atti con rispetto delle unità aristoteliche
- data incerta sia per la composizione sia per la rappresentazione
- modelli: commedia latina, novella boccacciana, teatro rinascimentale (Ariosto)
- storia di Firenze da Cosimo il Vecchio a Lorenzo il Magnifico commissionata dall’università su invito di Giulio de’ Medici
- ideale di una costituzione a regime misto per superare le lotte di parte